Questa sezione raccoglie scritti, articoli, storie, usi e costumi
della tradizione cauloniese

           
     

  

 

     
     

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

" I Patarnosti "

Con i rintocchi funebri del campanone della chiesa Matrice a mezzanotte di Martedì Grasso (marti i lazzata) prendeva inizio, anche da noi, il suggestivo periodo quaresimale. Lasso di tempo, quest'ultimo, che vedeva la nostra gente impegnata nella preparazione alla Pasqua: quaranta giorni di penitenza, di riflessione, di preghiera e di astinenza dalla carne, che ogni buon cristiano faceva finire con il precetto pasquale.

Fin dalla mattina successiva, ossia l'alba di Mercoledì delle Ceneri, con le strade recanti ancora i residui dell'ormai trascorso Carnevale, la chiesa Matrice accoglieva i fedeli e i cauloniesi assistevano al rito funebre delle Ceneri.

"Memento homo, pulvis es et in pulverem reverteris" parole queste, anche perchè pronunciate nel solenne latino, sconosciuto dai più, che incutevano un certo senso di paura, smarrimento e forte pentimento dopo i bagordi carnascialeschi.

Si entrava così nel lungo periodo della quaresima e con esso nell'ultima fase del rigore invernale prima dell'arrivo della dolce stagione.

Era uso, durante questo nostro periodo quaresimale, appendere la "Corajisima", piccolo fantoccio raffigurante una vecchia, una sorta di befana, che, al posto del sacco con i doni, teneva un "fuso" in mano e, privata degli arti inferiori, terminava con un limoncello su cui venivano infisse sette penne di gallina rappresentanti le settimane precedenti la Pasqua.


Infatti, trascorsi sette giorni essa veniva privata di una penna. Come possiamo notare, questa "pupattola" era una specie di rudimentale e bonario calendario, che regolava in questo particolare momento dell’anno, nel quale prendono avvio tutte le colture (dal germogliare delle prime spighe allo sbocciare delle gemme), la vita dei nostri contadini.
Alla "Corajisima" era legata la filastrocca:

               Corajisima ’mpenduta
               si mangiau a lattuca
               a lattuca ’nci fici mali
               Corajisima ’nto manali
               u manali si ruppiu
               Corajisima sa fujiu
               sa fujiu sutt’o lettu
               pemmu ’u sona l'organettu
               l'organettu ’on ’nci sonau
               Corajisima s'arraggiau
               s'arraggiau pe ’nnu minutu
               Corajisima ’nto tambutu.

Evidenti sono i simboli rinchiusi nella simpatica filastrocca. Coarajisima altro non è che la vita grama, la vita di cattiva qualità e la lattuga fin dai tempi biblici ha sempre voluto rappresentare le “avversità”: le amarezze dei quarantanni del popolo d’Israele ostacolato ad entrare nella “terra promessa”, le amarezze dei quaranta giorni di Gesù trascorsi nel deserto. La lattuga veniva usata anche per far digerire cibi a base di carni grasse. Il “manale”, il contenitore delle nostre salsicce non vuole esprimere che  l’abbondanza destinata ad esplodere una volta che lo stesso si “romperà” e la Corajisima cesserà la sua esistenza.

La nenia, unitamente agli scherzi legati al suddetto personaggio, serviva a rendere meno pesante tutta la cupa atmosfera quaresimale


A notte inoltrata del venerdì precedente la prima domenica dopo le ceneri una voce misteriosa ancora oggi s’innalza per le strade del centro storico, per poi ripetersi in tutti i venerdì successivi e con un ultimo appuntamento nella notte di Mercoledì Santo per dare inizio al rito del “Pater Noster”.

Sulla suggestiva cerimonia di questo momento particolare, il Prota così scrive:
"I congregati che il popolo chiama i comunicati, e che sono una reminiscenza della congregazione dei Congregati di Castelvetere, fa ricordare subito il medio evo, che ce li ha tramandati. In tutti i venerdì di quaresima, a notte avanzata, il popolo di solo maschi si aduna in chiesa per ascoltare la predica contro i peccati e il mal costume. A un certo punto, quando l'oratore ha ben infervorato l'uditorio, si spengono i lumi, e nel buio si canta il miserere; e il popolo si flagella con discipline di ferro, di funi, di agave: e se nell'oscuro si sbaglia direzione: chi ne piglia, ne tiene. Fatta la penitenza, una brigata dei   più canori va in giro pel paese, fermandosi pe' trivii  e pe' chiassole, scotendo un campanello; e poi con cantilena rauca ed orrorosa annuncia "o fratelli, o sorelle pensate che tutti abbiamo a morire! - oggi in figura, domani in sepoltura!" E scosso il campanello, prosegue: "un pater noster e un'avemaria per l'anima di chi si trova in peccato mortale... per le anime scordate del purgatorio.... per la pace tra' principi cristiani.... ", e simili raccomandazioni. Tremo ancora e mi rannicchio, pensando a quel vago terrore, che mi facea raggomitolare presso mia madre, quando bambino ero scosso nel sonno da quel campanello, e da quell'annuncio di morte. Alla destinazione di quei pater noster a cose che io non comprendea, ed al susseguente biascicare di preci, fatte da mia madre e dagli altri di casa, lascio pensare lo stato dei miei peli sulla incapponita mia pelle".

Bellissima la pagina del Prota, che ancora oggi rende con molta efficacia il momento misterioso e di sbigottimento che si sprigionava e tutt'ora si sprigiona dall'ascolto di tale invocazione.Tale preghiera, forse per il gran fascino che l'avvolge, ha sempre attirato l'attenzione dei cauloniesi, tanto é vero che in tempi più recenti Alessandro Cavallaro nel suo “gustosissimo” romanzo "L'ombra del passato" ne evoca tutta la misteriosa suggestione di quelle notti:


"....e mentre stava in quella posizione, ancora stravolto dall'incubo e scosso per la violenza   del tuono, un lugubre scampanellio ruppe il silenzio tenebroso e tutti i peli gli si rizzarono   addosso, facendogli raggellare il sudore. Ebbe freddo e cominciò a battere i denti, incapace   di rendersi conto se fosse ancora l'incubo che continuava o fosse del tutto sveglio. Quando il campano cessò di suonare egli cadde stremato sul cuscino e si coprì il volto con le coperte.  Ma proprio in quel momento una voce sepolcrale e dolorosa, vibrante di arcani presagi,  iniziò una cantilena che suonava di monito all'uomo che viveva nel peccato. Essa   pressappoco diceva così:

Sia lodato il Santissimo Sacramento
e la beatissima Vergine Maria,

la quale fu concepita senza peccati originali.
O fratelli, o sorelle,
considerate che abbiamo da morire 
e non sappiamo l'ora nè quando,
perché  oggi siamo in figura
e domani in sepoltura.
Beato chi per l'anima sua procura!
Diciamo un Paternostro e una Avemaria
per le anime del Santo Purgatorio.

Queste parole colpivano l'animo di Don Ciccio come una frusta e, nonostante lui affondasse la testa nel cuscino e si coprisse con le coperte per non sentire, quella voce gli penetrava   nel cervello ugualmente.
Quando gli sembrò che avesse finito di parlare, alzò la testa per
  dare una sbirciata nell'oscurità, ma non fece in tempo, perchè di nuovo lo scampanellio   vibrò tagliente nell'aria e la voce
ricominciò:
E un altro Paternostro e un'altra Avemaria per quelle anime che si trovano in peccato mortale"!

Negli ultimi anni, la cerimonia del "Paternostro" é ritornata in auge, almeno nella fase che si svolge all'aperto,  e numerosi sono i cauloniesi, non abitanti più il centro storico, che salgono per risentire   tale lamento. E spesso, a loro, si aggiungono i nostri emigranti che proprio in questo periodo amano ritornare dalle Americhe e dalla lontana Australia; quasi certamente spinti anch’essi da quei ricordi   dell’infanzia, colmi di paure, fremiti e smarrimenti.


Il periodo quaresimale trascorreva, e si arrivava così alla Domenica di Lazzaro, ovvero di resurrezione   dal peccato, quando verso le dieci del mattino dalla Chiesa dell'Arciconfraternita dell'Immacolata   partiva la processione con la statua delle Anime del Purgatorio.

Essa si snodava, e ancora oggi si snoda, per le vie del paese per confluire nella Chiesa Matrice, dove una solenne cerimonia con predica e con la celebrazione della Santa Messa pone fine alla prima parte di detta funzione. Finita la messa, la processione con i confratelli dell'Immacolata riporta la statua delle Sante Anime nella Chiesa di provenienza.

Le Anime del Purgatorio sono rappresentate in bella, suggestiva opera di cartapesta, raffigurazione kitsch di un certo gusto popolare che R. Del Pozzo di Mammola, su commissione dei devoti Luigi Scrivo e Tommaso Bombardieri, ha eseguito nell'anno 1932 secondo stilemi che i maestri cartapestai leccesi hanno egregiamente diffuso in tutti i centri del meridione d'Italia.


L'inesorabilità del tempo passato e presente trascorre e porta, così, al venerdì che precede la Domenica di Passione.

I confratelli dell'Arciconfraternita del SS. Rosario continuano a portare in detto giorno, prima del tramonto, la statua dell'Addolorata con una processione che i cauloniesi chiamano "a ’nchianata da Madonna".

La statua di Maria Addolorata arriva nella Chiesa Matrice e qui in presenza sua iniziano le prediche della missione, molto seguite dai fedeli.

Per tale officio venivano (e vengono ancora oggi), invitati padri quaresimali (francescani, agostiniani, ma con maggiore frequenza domenicani). Tali prediche costituivano i momenti di forte riflessione su questo particolare periodo della vita di ciascun fedele.
La gente di Caulonia é sempre stata devota alla statua dell'Addolorata, il cui culto è retaggio della cultura iberica che ancora vive in noi. Non vi é paese del mondo che ha conosciuto la dominazione spagnola che non abbia un altare con su  una statua raffigurante la Madre Dolorosa. Da più parti si ricava che il nome Dolores continua ad essere diffuso in tutti i paesi di lingua spagnola. Per la Domenica di Passione si provvedeva a ricoprire con panni dalla fosca tinta viola tutte le immagini sacre. Dopo giorni di prediche, incensi e preghiere si arriva al Venerdì successivo, quando, a buio inoltrato, un corteo religioso lascia la Chiesa Matrice e riporta il Santo Simulacro della Vergine Addolorata nella Chiesa del Rosario. La sacra sfilata ora segue una traiettoria opposta a quella del Venerdì precedente tanto che quest'ultima viene conosciuta come "la processione della discesa della Madonna" (scindunu a Madonna).


Sabato delle Palme é giorno di gran galà per l'Arciconfraternita del SS. Rosario. I ragazzi e i giovani del luogo, per tutto questo giorno, secondo l'antica tradizione, continuano a staccare ramoscelli di olivo e teneri palmizi per intrecciarli con abilità e ricavare così caratteristici simboli sacri: la "Santa Croce", il "Cuore", il "Paniere" e altre figure a serpentina. Questi semplici e creativi oggetti religiosi ornavano (e ornano) i fasci di rami di olivo e di palme che il sacerdote dovrà, poi, benedire. Una solenne cerimonia si svolgeva (ancora oggi si svolge, ma in tono più modesto) con la messa vespertina di Sabato delle Palme nella Chiesa del Rosario. Cerimonia, quest'ultima, veramente molto importante nella vita liturgica dell'Arciconfraternita del Rosario. Tutti i membri della congregazione religiosa, indossando l'abito di fratello, con un grosso cero in mano prendevano parte alla "gira" in chiesa.

La "gira" é una sorta di sfilata all'interno della chiesa, che partendo dall'altare maggiore si muove lentamente sulla fascia perimetrale dell'unica navata.. Apre il corteo il crocifero, il portatore della Santa Croce, poi seguono i fratelli ordinati in fila secondo l’età, i capiturno e tutti i membri della "banca maggiore"(organo amministrativo della congregazione religiosa) con il Priore preceduto dai suoi assistenti; infine, si muove il Padre Cappellano, avvolto in sontuosi paramenti liturgici e  reggente l' ostensorio con il "Santissimo",  mentre il Priore dell’ Arciconfraternita dell'Immacolata, appositamente invitato, ha l’onore di portare il palio. Il tutto si svolge  tra suoni d'organo, tra canti liturgici, tra intensi odori d'incenso e con passi solenni e dopo aver compiuto un intero giro all'interno della chiesa, la funzione religiosa si chiude con l'elevazione e la benedizione del Santissimo.

Antologia di foto sul Caracolo



Periodo di quaresima quale racconto, ovvero
i riti della settimana santa cauloniese.
Il Caracolo

di Gustavo Cannizzaro

www.caulonia2000.it - Marzo 2001



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