Questa sezione raccoglie scritti, articoli, storie, usi e costumi
della tradizione cauloniese

           

 

 

 

 

 

 

 

 

 






 

 

Ci troviamo così di fronte ad un "teatro gestuale", tipico della cultura popolare. Infatti, la borghesia ha, per motivi di cultura, a mano a mano ridotto nel tempo la gestualità, da noi intesa come linguaggio del corpo, concentrando tale linguaggio, alla testa. Nei ceti popolari, invece, tuttora si continua, ai fini del comunicare, ad accompagnare, e spesso a sostituire, la parola al movimento di tutto il corpo il cui codice cinesico varia all'interno di detti gruppi a seconda delle aree culturali alle quali essi appartengono.

Così ad un certo tipo di dialetto, ad esempio, si accompagneranno dei movimenti tipici. Inoltre, quando al quotidiano bisogno di comunicare si aggiunge quello di fare teatro, il gesto diventa più plateale ed enfatico, sia perché esso è legato a momenti più intensi di comunicazione sociale, nel qual caso, i gesti aperti (braccia allungate in avanti) prevarranno su quelli chiusi e più riservati (braccia conserte), sia perché non secondaria è la necessità di portare tale rappresentazione ad un grado di visibilità per tutti, in quanto essa si esplica davanti ad un pubblico posto quasi sempre sullo stesso piano di quello sul quale recitano gli attori.

I personaggi ricorrenti nelle parti, oltre a quelli dell'Avanti-Prolugu, du 'zzitu e da 'zzita, du massaru e da massara, du parracu, du notaru, du medicu e du sindacu erano a Zà-vecchja e suo figlio Carnilavari o 'Ntoni.
Queste due ultime figure, che nell'ultimo giorno di carnevale erano protagoniste, nelle farse, al contrario, non avevano in genere i ruoli principali, anche se svolgevano una azione drammatica decisiva per lo sviluppo e l'epilogo della trama.

E' da notare che figure equivalenti a quella della Zavecchja sono presenti in quasi tutte le regioni d'Italia: nel Veneto vi è la Vecja; in Lombardia e così nelle Marche la Vecchia; in Romagna la Segavecchia, in Sicilia la Nanna.

Tutte costoro, in forma semplice o elaborata, in conformità alle tradizioni alle quali appartengono, danno luogo, l'ultimo giorno di Carnevale, per il contrasto nascente tra esse e il personaggio <<Carnevale>>, ad una forma drammatica che culmina con l'eliminazione di Carnevale e che trova le sue origini nel Medioevo e, nel Rinascimento, giunge a trasformarsi in genere letterario, coltivato da cantastorie e poeti d'arte.

Gli studiosi riconoscono in tutte queste figure femminili lo stesso simbolo: la Quaresima. Questo simbolo e quello del carnevale, in tempi a noi lontani, dovevano rappresentare l'anno vecchio e l'anno nuovo oppure l'inverno e la primavera. Personaggi simbolici, dunque, di riti agrari e propiziatori che si sono deformati nel tempo a contatto dei nuovi valori conseguenti all'adattamento della festa carnevalesca alla religione cristiana.

Un cenno particolare merita anche il Prologo, che da noi veniva denominato <<Avanti - Prolugu>>. Non si sa bene il perché di questo <<Avanti>>.
È probabile che la folla degli spettatori, desiderosa di assistere alla farsa, incitava i <<mascarati>>a che dessero inizio allo spettacolo chiamando in scena il Prologo al grido di <<Avanti - Prolugu!>>, ossia: <<vieni avanti Prologo!>>.
Detto personaggio era sempre vestito di bianco con il capo coperto con veli da sposa, mentre una striscia di carta stagnola argentata fungeva da corona; sempre una croce rossa era dipinta sulla fronte e sulle guance i soliti pomelli rossi; in mano un bastoncino a mo' di scettro. Simboli tutti questi di cui si è persa la comprensione del significato; ma tenendo presente che nel teatro classico il prologo poteva essere una divinità, trasformatasi in angelo in quello religioso, è possibile pensare che sia giunto nel teatro popolare in un misto di sacro - cristiano e precristiano.

 

 

 


Travestimenti, parrucche di stoppa, rossi pomelli,
neri mustacchi e maiali uccisi;
ovvero
periodo di Carnevale a Caulonia
di Teresa Giamba e Gustavo Cannizzaro
www.caulonia2000.it - maggio 2002


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