Politico - Scrittore
           

 

 

 

 

 

 

 


 

America Josefina Scarfò

di Paolo Catalano

 
 
Voglio raccontarvi una storia. La storia di Josefina e di Severino di Giovanni. Una storia d’amore. Una storia di passione politica. Una storia di una quindicenne che incontra l’uomo dei suoi sogni nell’Argentina degli anni turbolenti fra il 1927 e il 1931. Una storia tristissima e piena di generosità, di ardore, di utopie sfociate ahimè nel sangue.
La famiglia Scarfò è una famiglia che diventa numerosa a Buenos Aires, dove arriva all’inizio del novecento. Il padre Pietro nasce a Portigliola, lei Romano Caterina nasce a Tropea, si incontrano, si amano, si sposano e come molti calabresi di quel tempo partono per trovare fortuna e per dare un avvenire ai propri figli. Ne hanno otto il primo Antonio nasce in Calabria gli altri sette: Josè, Alejandro, Domingo, Paulino, Josefina America, Santa e Asunto nasceranno a Buenos Aires. Pietro riesce a sistemarsi pur se il lavoro è duro.
Trova lavoro e trova casa e anche i figli crescendo trovano lavoro. Sembra una storia che riesce a sfuggire ai tormenti, ai pregiudizi e alle persecuzioni cui andavano incontro molto spesso i nostri emigranti. Una vita tranquilla di una famiglia dedita al lavoro e senza tanti grilli per la testa. Sennonché quello era il periodo di grandi passioni politiche e di grandi tensioni. Particolarmente attivi i gruppi anarchici italiani che si diramano in tutto il mondo, diffondendo i fermenti di un’inquietudine che spesso sfociava in atti di violenza. Era anarchico anche Severino Di Giovanni di Chieti dove nasce il 17 marzo 1901. Egli fin da piccolo dimostra un’indole ribelle ed un impulso libertario che lo porta a leggere Proudhon, Bakunin, Reclus, Malatesta, Nettiau, tutti padri rivoluzionari del pensiero anarchico. Nel 1922 per sfuggire al fascismo che si è insediato in Italia abbandona la sua patria, ha già sposato Teresa Masculli dalla quale avrà quattro figli, due in Italia, Laura ed Aurora, e due in Argentina, Ilvo e Maria.
Il destino delle due famiglie s’incrocia. Severino è figlio del suo tempo e delle idee che le sue letture gli avevano inculcato, la sua anima è un crogiuolo di passioni, di interessi letterari, di venature romantiche e di violenze. Josefina America è una studentessa esemplare, frequenta l’Istituto magistrale n. 4 sezione Liceo, di calle Estanislao Zeballos di Buenos Aires. E’ una studentessa brillante, attenta e con la testa piena di passioni, di umori, di utopie.
Severino cerca casa e la trova presso la famiglia Scarfò. L’incontro segna il destino anche di due fratelli di Josefina America: Paulino e Asunto. Josefina America è affascinata dall’uomo avventuroso, bello, pieno di passioni e con una grande capacità di comunicazione quale era Severino. Diviene la sua amante e la sua compagna. Il loro amore è qualcosa di eccezionale, riesce a superare ogni ostacolo e riesce a sfuggire ad ogni sospetto delle due famiglie. Egli va davanti alla scuola ad aspettarla e così hanno attimi d’amore indimenticabili. Vivono circa tre anni di grande passione e di coinvolgimento politico di Josefina. Severino però non trascura il suo impegno politico anzi fonda una casa editrice “ il culmine” che dirige assieme ad altri compagni e soprattutto è il protagonista di atti di terrorismo che provocano tante morti nella Buenos Aires di allora. Compie rapine che considera espropri proletari. Progressivamente si isola dal suo stesso movimento ed è questa la sua rovina. Arriva ad uccidere Emilio Lopez Arango, anche lui anarchico e direttore della rivista “Protesta”. E’ la sua fine. E’ catturato dopo essere stato ferito dalla polizia e, dopo un processo sommario, è fucilato il 31 gennaio del 1931. Con lui è fucilato il fratello di Josefina Paulino che rifiuta di chiedere clemenza addossando tutte le responsabilità a Severino, moriranno assieme al grido di “Viva l’anarchia, dopo avere incontrato per qualche minuto la moglie Teresina, i genitori di Paulino e Josefina America. La madre di Josefina così anni dopo descriveva l’ingresso di Di Giovanni sotto il loro stesso tetto:
“alcuni anni fa venne a casa mia un uomo che voleva una camera d’affitto. Era Severino Di Giovanni. Il prezzo dell’affitto gli sembrò conveniente e così ci mettemmo d’accordo. Venne il giorno dopo con sua moglie Teresina ed i loro tre figli. Era un uomo dall’apparenza buono e semplice, parlava bene dei poveri e trascorreva le ore libere leggendo. Di mestiere faceva il tipografo. I miei tre figli (Josefina America, Paulino e Asunto) allora avevano meno di venti anni. Di Giovanni cominciò a prestare loro dei libri e si fece loro grande amico. Con l’enorme potere di attrazione che aveva, si avvicinò a loro e cominciò ad influenzarli con le sue idee.”
E’ l’inizio dell’amore di Josefina, ma è un grande amore anche per Severino. Severino, uomo d’azione e di grande passioni politiche, che lo hanno portato all’omicidio, agli attentati e alle stragi, che lo hanno visto protagonista di espropri proletari, quando non vedeva Fina (come egli chiamava Josefina America) era capace di scriverle anche tre lettere al giorno ed erano lettere tenerissime, piene di romanticismo e di amore. Ecco stralci di una lettera di Severino a Fina “ Mia amica. Ho la febbre in tutto il corpo. Il tuo contatto mi ha riempito di tutte le dolcezze. Mai come in questi lunghissimi giorni, ho tanto centellinato i sorsi della vita. Prima vivevo le ore tranquille di Tantalo ed ora, oggi, l’oggi eterno che ci ha uniti, vivo, senza saziarmi, tutti i sentiti armoniosi dell’amore tanto cari a Shelley ed alla George Sand. Ti dissi- in quell’amplesso espansivo- quanto tempo ti amavo, ma vorrei dirti anche quanto ti amerò, perché il pane della mente che sa materializzare tutte le idealità elette dell’esistenza umana, ci sarà la guida più esperta………… Quando ti parlo di eternità – tutto ciò che il cuore ha voluto ed amato è eterno- voglio alludere all’eternità dell’amore. L’amore mai muore. L’amore che ha germogliato lontano dal vizio e dal pregiudizio, è puro e nella sua purezza non si può contaminare e l’incontaminato è dell’eternità………”. E finisce così “ Rendimi duplicato il mio bene che ti voglio. Sappi che ti penso sempre, sempre, sempre. Sei l’angelo celestiale che mi accompagna in tutte le ore tristi e liete di questa mia vita refrattaria e ribelle. Con te, ora e sempre. Baciami come io ti bacio.”
Un grande amore quello di Severino che finisce con la sua fucilazione e con l’ultimo suo desiderio “ Non voglio fumare, disse Severino, voglio un caffè. Dolce, mi raccomando. “ E rimproverando il sergente che gli aveva portato un caffè amaro disse “ non importa, la prossima volta me lo porterai dolce come piace a me.”
Josefina dopo la fucilazione ha una grande crisi, si chiude in se stessa ma non rinuncia alla lotta politica. Realizza quello che Severino le aveva chiesto in carcere l’ultima volta. Continua l’attività anarchica fondando una nuova casa editrice. Si sposa con un compagno anarchico e si laurea, diventando docente di letteratura italiana all’università di Buenos Aires. Non ha mai voluto rilasciare interviste, né ha mai accondisceso che della sua storia d’amore fosse realizzato un film. Nel 1951 venne in Calabria, volle visitare i paesi dei suoi genitori Portigliola e Tropea e ha cercato i suoi parenti viventi. Poi non venne più. Le lettere del suo amatissimo Severino sequestrate dalla polizia le vennero restituite solo nel 1998, resteranno, la maggior parte di esse, per sempre inedite e saranno portate nella tomba di lei che ancora vive a Buenos Aires tenendo nel cuore quegli anni di una felicità tormentata vissuti accanto al suo grande amore Severino Di Giovanni.
E’ la storia di una di noi, una figlia della grande tragedia dell’emigrazione, dei turbamenti, delle rivolte morali, dei furori che se pure non possono essere giustificati per le efferate crudeltà commesse da Severino trovano qualche indulgenza, qualche motivazione, e sono comunque nobilitate dalle condizioni inumane in cui vivevano i nostri emigrati e da un amore senza fine, un amore davvero grande sconosciuto a molti e forse irrepetibile nella realtà che noi viviamo.
Vi ho raccontato una storia vera, spero che questa storia vi sia piaciuta, vi abbia commosso, spero che in essa abbiate avuto modo di trovare motivi di amore e di ammirazione per quella splendida grande donna che è Fina America e anche qualche compassione per Severino che ha creduto che la violenza potesse risolvere una condizione terribile che era quella dei proletari e dei deboli di allora e che ha trovato qualche riscatto in quell’amore grande, grande per Fina.
La vicenda di Fina è anche, per altri versi, una grande storia che fa giustizia di molti stereotipi della stampa estera dei primi del novecento che dipingevano gli emigranti italiani e specialmente i meridionali come accoltellatori, sporchi, ignoranti, sfaticati, dediti al commercio dei loro figli, fanatici ed adoratori pagani di simboli e di riti. Gli Scarfò vanno in America, trovano lavoro e vi si dedicano, acquistano casa, crescono otto figli con decoro, indirizzandoli allo studio e al lavoro e una di questi figli vive con coraggio e da donna moderna una grande storia per poi dedicarsi allo studio diventando docente universitaria senza mai cedere alle lusinghe della notorietà e del denaro che le sarebbero venuti se solo avesse voluto acconsentire che la sua storia e quella di Severino diventassero film. E siamo ai primi del novecento, un’epoca terribile di fame, di privazioni, di soprusi, di grettezze.
Forse oggi noi ricordando queste cose dovremmo stare attenti a cedere ai pregiudizi verso quelli che percorrono la strada che noi abbiamo percorso tanto tempo fa ricevendo gli stessi insulti che oggi loro ricevono.
 

 


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