ILARIO 
                          ASCIUTTI 
                          N. 13-7-1884 - M.11-11-1943 
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                         L'avvocato 
                          Ilario Asciutti, studioso di Teologia, economista di 
                          vaglia, cattolico professante, è stato uno dei 
                          fondatori del partito Popolare con Don Luigi Sturzo, 
                          suo amico carissimo. 
                          Asciutti fu sempre antifascista, oppositore del regime, 
                          ha sempre professato la dottrina morale della Chiesa, 
                          non ha mai accettato compromessi nè favori dal 
                          regime, tanto da essere proposto per il confine; la 
                          morte lo colse negli anni della liberazione quando avrebbe 
                          potuto coronare il sogno della libertà e della 
                          democrazia. 
                        *   
                            *  
                             *  
                          
                            Chi non conoscendo di persona Ilario Asciutti, 
                          si imbattesse in lui, cioè in un uomo più 
                          vicino ai sessanta che ai cinquanta, con certi baffetti 
                          a punta di spillo e vestimenta dimesse, non sospetterebbe 
                          certo due fatti importantissimi: trovarsi di fronte 
                          a un nobile autentico, milionario per giunta, e a un 
                          avvocato veramente magnifico.  
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                  Per 
                  sincerarsi intorno a questa seconda qualità basta guardarlo 
                  negli occhi grandi e buoni, pieni di intelligenza ed ascoltarlo 
                  in quel suo accento che ha la cadenza e il timbro del dialetto 
                  catanzarese; Caulonia, suo paese natìo, sta fra le provincie 
                  di Reggio e Catanzaro. 
                      Dotato di una vasta cultura giuridica, filosofica 
                  letteraria, è uno dei più forti e stimati penalisti 
                  calabresi. La parola è a disposizione rapida e completa 
                  del pensiero, ed è parola forbita, elegante, appropriata. 
                   
                  Studia i processi secondo il sistema degli antichi Maestri; 
                  è un temperamento di agile polemista, e agli avversari 
                  dona sempre filo da torcere, o prevenendone gli argomenti o 
                  svalutandone l'efficacia con un martellamento critico implacabile; 
                  e spesso adopera battute di una ironia fine ed aristocratica. 
                    
                    Mi 
                  piace rievocare un sensazionale processo indiziario in cui sostenne 
                  le ragioni di parte civile pronunziando un' arringa formidabile 
                  ed ottenendo clamorosa vittoria. 
                   
                  UN 
                    PROCESSO TERRIBILE 
                    
                      Certo 
                    Cricelli, seguito dalla moglie Vallelonga Rosa, che portava 
                    in braccio un lattante, si restituiva da Caulonia alla Contrada 
                    Cufò, dopo aver accudito a delle compere in paese, 
                    in una domenica del settembre 1921. 
                      
                      Giunti 
                    i due coniugi in contrada Due Timpe, lungo il fiume Amusa, 
                    si accingevano alla salita sulla sponda destra del fiume, 
                    quando il Cricelli fu fatto segno a ripetuti colpi di fucile. 
                    La moglie si dette a gridare e si affrettò a raggiungere 
                    il ferito, ma anche lei fu colpita all'occipite da due colpi 
                    di rivoltella sparatile contro, a tergo ed a breve distanza. 
                      
                      La 
                    sparatoria fece accorrere qualcuno dalle vicinanze, ma degli 
                    assassini nessuna traccia chè avevano celeremente guadagnato 
                    la macchia, lasciando il Cricelli già cadavere e la 
                    Vallelonga che appena si reggeva in piedi. 
                      
                      Poco 
                    lontano, in due punti diversi, furono rinvenute delle cartucce 
                    già sparate. La Vallelonga interrogata non fiatò 
                    e nemmeno lungo il tragitto disse nulla. Solo al Pronto Soccorso 
                    del Dott. Domenico Bombardieri, riuscì a dire che tre 
                    persone avevano perpetrato il delitto e che in due di queste 
                    essa aveva riconosciuto certi Cerasara, e, nel terzo riteneva 
                    di identificare un cognato di essi. 
                      
                      Tutto 
                    ciò fu detto a stento, a monosillabi e mentre il Chirurgo 
                    audacemente interveniva, operando la trapanazione e riuscendo 
                    ad estrarre due proiettili di cui uno premeva già, 
                    tra frammenti d'osso scheggiato sulle meningi iperemizzate. 
                      
                      I 
                    tre sospettati furono tratti in arresto, ma offrirono alibi 
                    confortati da numerosissime prove, mentre attorno ai fatti 
                    si spandeva il silenzio dell'omertà. 
                    II dibattimento alla Assise di Gerace, durato parecchi giorni, 
                    fu movimentatissimo. Asciutti, solo alla P. C. avea di contro 
                    Luigi Pera, Nicola Lombardi e l' avv. Scalise. Presiedeva 
                    S. E. Gagliardi e rappresentava il P. M. il Comm. Denza. 
                      
                      Elementi 
                    positivi; il conquesto della Vallelonga per quanto tardivo; 
                    il fatto che l' Ucciso, che era sceso in paese armato di pistola, 
                    l'aveva lasciata in deposito nella calzoleria di certo Scuteri 
                    cui aveva detto che era costretto di viaggiare armato perché 
                    minacciato dal suo avversario, ma che stimava prudente non 
                    asportare l'arma nell'abitato perchè poteva esser perquisito 
                    dai carabinieri; il fatto ancora che i bossoli repertati erano 
                    identici a quelle delle cartucce rinvenute e sequestrate in 
                    casa di un secondo imputato e che costui aveva acquistato 
                    dall'armiere Michelizzi, con le cariche corrispondenti al 
                    calibro dei pallini estratti dal cadavere, nell'autopsia. 
                      
                      La 
                    Difesa si appoggiava sugli alibi degli imputati, che il primo 
                    provava di essere stato alla trebbia in contrada Zomino a 
                    8 Km. dal luogo del delitto sino ad un quarto d'ora prima 
                    che questo avvenisse, sicché sarebbe stato impossibile 
                    coprire in 15 minuti tale distanza; il secondo era malato 
                    e già da due giorni operato per adenite blenorragica 
                    ed impossibilitato a muoversi. 
                      
                      Il 
                    duello forense si svolse in più riprese, con un succedersi 
                    di incidenti nei quali alla dottrina della difesa, resisteva 
                    instancabilmente la P. C. tanto che il presidente Gagliardi 
                    ebbe a dire che Asciutti, apparentemente agnello, diventava 
                    nei contrattacchi un leone (esattamente Gagliardi disse; « 
                    a vederlo non lo si pagherebbe due soldi, ma alla barra si 
                    trasforma talmente da imporre rispetto e talvolta suggezione 
                    ». 
                      
                      Ricordiamo 
                    qualche episodio;  
                      
                      Discutendo 
                    S. E. Fera sul valore indiziario e non probatorio del conquesto, 
                    si rivolgeva, benevolmente ironico, all' avversario che egli 
                    stimava moltissimo e che sapeva cattolico di convinzione, 
                    mostrando di meravigliarsi che un canonista eragerasse l'efficacia 
                    probatoria del conquesto, dimenticando lo insegnamento della 
                    scuola, in proposito ! 
                      
                      Ed 
                    Asciutti pronto: Se nel processo criminale canonico il conquesto 
                    aveva valore d'indizio ciò avveniva perché di 
                    esso ci si serviva, nell' istruzione, come mezzo tendente 
                    ad ottenere, attraverso la procedura inquisitoria, la confessione 
                    del reo indispensabile presupposto dell' accusa capitale. 
                    Cotesta sua funzione istruttoria non gli conferiva il carattere 
                    di prova. Nel processo penale odierno esso concorre, ex se, 
                    a formare la convinzione del giudice anche nel dibattimento 
                    e quindi, salvo a discutersene l'attendibilità oggettiva, 
                    è e costituisce una prova diretta, non meno efficace 
                    di qualunque altra prova. 
                      
                      Il 
                    Fera, che aveva consentito all' interruzione, sorrise e non 
                    replicò. 
                      
                      Quando 
                    il perito Dott. Bombardieri, valorosissimo chirurgo che fa 
                    onore alla terra di Calabria, dopo la sua relazione, disse: 
                    Dovetti operare di urgenza, senza anestatizzazione, e fu un 
                    miracolo che la Vallelonga sia sopravvissuta, Asciutti interrompe: 
                    Vigilava Iddio perché fosse conservata al lattante 
                    la madre ed alla giustizia la Nemesi ! 
                      
                      Nella 
                    discussione Asciutti dimostra deducendo dalla diversa topografia 
                    delle ferite, dalla diversa profondità delle stesse, 
                    dal diverso calibro dei pallini, che due dovettero tirare 
                    sul Cricelli da punti e da distanze diversi, dietro agguato 
                    predisposto; che un terzo, distante dai primi e più 
                    vicino alla Vallelonga, dovette tirare su costei col proposito 
                    di spegnerla per sopprimere una prova certa quando si accorse 
                    che essa aveva riconosciuto gli assassini. 
                      
                      « 
                    Costui non continuò a sparare ed a scaricare tutti 
                    i colpi della sua rivoltella sulla misera donna perché 
                    fu atterrito dal non vederla abbattuta: forse ella si voltò 
                    a guardarlo ritta nel suo tragico dolore ed ebbra di vendetta, 
                    sollevando il figlio tenerello come una maledizione palpitante 
                    di fronte alla quale l'altro, a guisa di Lucifero davanti 
                    alla luce abbagliante dell' Arcangelo punitore, si parò 
                    gli occhi col braccio piegato indietreggiando nell' ombra 
                    ». 
                      
                      Conclusione: 
                    Affermazione piena di responsabilità per tutti tre 
                    gli accusati. 
                      
                      Eppure 
                    Asciutti, confessa nell'attesa del verdetto: « Sto alquanto 
                    a disagio alla P. C. e solo quando si tratti di processi indiziarii 
                    o che, come questo, abbiano degli aspetti emotivi che interessino, 
                    perché difficili o strenuamente dibattuti, mi provo 
                    alla lotta. Sento le sferzate dialettiche come un cavallo 
                    di razza nella pista: mi inalbero e riprendo sotto lo aculeo 
                    che mi incìta e mi eccita ed ho l' impressione come 
                    se una tempesta m'investa e mi costringa a durare e ad emergere 
                    sbracciando: è, insomma, l'effetto della reazione che 
                    mi sospinge e mi eleva; ma questo non è il volo. Punto 
                    per forza di bicipiti a terra, e vi rimango ritto come i Catalinarii 
                    senza cedere palmo, ma... non ho ali che tendano al volo... 
                      
                      La 
                    difesa è più nobile, innalza, lascia più 
                    sereni, è più lirica !... 
                      
                      L' 
                    avvocato dovrebbe soltanto difendere, non accusare o al massimo 
                    accusare quando ciò sia necessario per difendere, perciò 
                    non è esatto definire l'accusa privata come difesa 
                    di P. C. 
                      
                      Ciò 
                    diminuisce il concetto della difesa che è funzione 
                    nobilissima, uguale se non superiore a quella del giudicare 
                    e tale da meritare quella considerazione che ahimè 
                    spesso le si nega. S'intende che ci vuol spirito d'indipendenza, 
                    di dignità, di rispetto di sé stesso, e della 
                    giustizia, nonché adeguata competenza , e preparazione 
                    per poter pretendere al rispetto altrui quando si difende, 
                    ma quando si ha la coscienza del proprio dovere, della propria 
                    preparazione e della nobiltà della funzione che si 
                    esercita, si può esser sicuri di trovare in altri la 
                    dovuta comprensione e possono ben trascurarsi gli atteggiamenti 
                    di sussiego e di pietosa tolleranza di facili compari o il 
                    giudizio in massa che s'intende, pur troppo, fare di tutti 
                    gli avvocati come di gente inutile, loquace, dannosa e chi 
                    più ne ha più ne metta salvo alla storia di 
                    fornire esempii... del contrario. 
                      
                      Chè, 
                    se qualcuno, rara avis, con lunghe dicorse, vuote parole, 
                    argomenti insulsi infarciti di sgrammaticature e totale assensa 
                    di preparazione giuridica, riesce ad illudere per qualche 
                    tempo il pubblico incosciente, costui naturalmente, non potrà 
                    lamentarsi di essere tollerato nel tempio e, se anche prevaricatore, 
                    di esserne scacciato invano egli griderà... in gran 
                    dispitto... giacchè dalle sue opere sarà giudicato 
                    (!!) senza che per esso possa dirsi « ab uno disce omnes 
                    ».... come pur troppo si è solleciti ad affermare 
                    appena abbia a presentarsi la rarissima eccezione. 
                      
                      Da 
                    codeste battute si spiega il perché della stima di 
                    cui Asciutti gode presso la Magistratura ed il Foro: egli 
                    non abusa; è sobrio nel parlare, accorto nella scelta 
                    degli argomenti e preciso nella esposizione delle questioni 
                    giuridiche, nelle quali, se convinto di aver ragione, batte 
                    senza posa, con fede, sino a vederle accolte e ne discute 
                    coi giovani colleghi dei quali egli è amantissimo ed 
                    ai quali, con paterna cura addita l'esempio dei grandi maestri 
                    di cui riferisce aneddoti, consigli, aforismi con inesauribile 
                    larghezza, appunto perché i giovani non dimentichino 
                    ed intendano che son chiamati non a trascurare il passato 
                    ma a collegarlo con l'avvenire ! ! !  
                  
                  PROCESSO 
                    CARISTO 
                    
                      E' 
                    stato per molti anni Vice Pretore onorario di Caulonia ed 
                    ha reso alla Giustizia eminenti servizi, con dignità, 
                    scrupolo e coraggio encomiabile. 
                  *   
                      *  
                       *  
                    
                      Una 
                    mattina di Agosto 1919 in S. Domenica di Placanica fu trovato 
                    morto, in un lettuccio che egli si era formato con strame 
                    di granturco e un lenzuolo sotto un albero di gelso poco distante 
                    dalle due case coloniche del fonduscolo, per potere attendere 
                    alla notturna guardia dei fichi in frutto, certo Caristo Vincenzo. 
                    Il disgraziato era stato ucciso nel sonno con un violento 
                    colpo di scure infertogli alla regione occipite-parietale 
                    sinistra, che gli aveva spaccato il cranio e spappolato la 
                    massa cerebrale. 
                      
                      I 
                    Carabinieri di Placanica arrestarono due contadini, i fratelli 
                    Chiera, che avevano avuto alterchi con l'ucciso per ragioni 
                    d'interesse ed anche, si diceva, per causa di onore, sequestrando 
                    in casa di uno di essi, il quale per giunta aveva una figliuola 
                    quasi morente per tifo, una scure con tracce rossastre sul 
                    taglio. Furono usati contro i due sciagurati tutti i mezzi 
                    per farli cantare. Essi si protestavano innocenti, e, circa 
                    la scure, affermavano di averla adoperata per tagliare dei 
                    mattoni. Nonostante le proteste essi furono denunziati. 
                    Asciutti accede sul posto con l'ufficio ed il perito settore, 
                    rileva i luoghi, constata che in una delle due case, quella 
                    più prossima al luogo del delitto dove erano riunite 
                    le tre figlie dell' ucciso e la moglie con le prefiche, solevano 
                    dormire le donne, mentre nell' altra casa più lontana, 
                    dormiva il figlio dell'ucciso ed il genero. 
                      
                      Raccoglie 
                    le dichiarazioni delle donne: non udirono nulla; non sospettano 
                    di alcuno; appaiono reticenti e dubbiosi sul conto dei Ghiera; 
                    una di esse finge delle mosse isteriche quando vuole evitare 
                    di rispondere. 
                    Raccoglie la dichiarazione del genero Bono Bruno. Costui spergiura 
                    di non essersi mosso dal letto nella notte. Il figlio dell' 
                    ucciso che dormiva con Bono nello stesso letto, si sarebbe 
                    alzato assai tempo per andare a Focà, ma sopraggiunge 
                    quando il cadavere del padre è rimosso e trasportato 
                    al cimitero per l'autopsia. Egli vuole accompagnarlo e vuole 
                    assistere alla sezione cadaverica insistentemente, senza lacrime... 
                    alfine sviene. 
                      
                      Il 
                    perito conclude che la morte dovette essere istantanea e che 
                    l'omicida dovette servirsi di una scure pesante. Tali erano 
                    le scuri dei Ghiera. Il brigadiere sorride sarcasticamente. 
                    Asciutti fa ricercare tutte le scuri della casa. Sono quattro 
                    scuri comuni. Tutti dicono che non ve ne sono altre. Asciutti 
                    non si stanca, ripulisce ogni angolo della casa, fa rimuovere 
                    la paglia della pagliaia e, sotto un mucchio, infissa nel 
                    terreno cretaceo, si rinviene una scure arruginita... fuori 
                    uso, col cunietto dell'asola lievemente smosso. 
                      
                      I 
                    reperti sono portati a Caulonia in pretura ed è subito 
                    ordinato il fermo e l'accompagnamento dei familiari del morto. 
                    Le prefiche non lamentano più. L'isterica urla. Suo 
                    fratello tace. 
                      
                      Gli 
                    interrogatori si rendono sino a sera. Si accerta che in famiglia 
                    erano liti continue; che il morto aveva sperperato e pretendeva 
                    che la moglie acconsentisse alla vendita dell'unico appezzamento 
                    di fondo ancora rimasto. Prima di bruciare le tappe con gli 
                    interrogatorii dei due maschi, Asciutti interroga la scure... 
                    pesante. Nessuna traccia se non di creta. Rimuove il cuneo 
                    dall'asola, il legno del manico si stacca dal ferro che cade 
                    pesantemente sullo scrittoio e la verità occhieggia 
                    finalmente a traverso certi grumi scuri attaccati all'interno 
                    dell'asola. Una macchia ben rossa che si era andata a nascondersi 
                    sul legno presso l'intacco lasciatovi dal ferro, accusa qualcuno. 
                      
                      Evidentemente 
                    la pulitura e, più lo strofinio nel terriccio per mascherare 
                    ogni traccia, non erano state sufficienti ad evitare che il 
                    sangue, sgocciolando per la curva del ferro andasse a cacciarsi, 
                    quasi una lagrima, dove non si sarebbe preveduto. 
                      
                      Era 
                    tempo. Si ripigliano gli interrogatorii, prima del genero, 
                    poi del figlio che resiste... ma dopo due ore di instancabile 
                    martellare, alla vista del sangue che lo accusa... confessa 
                    di avere ucciso perché stanco di veder maltrattata 
                    la madre e condotta alla miseria la famiglia; perché 
                    il padre, il giorno precedente, aveva sparato delle pollastre 
                    che il figlio allevava per vendere, e se ne era fatto una 
                    scorpacciata... 
                      
                      Asciutti 
                    senza attendere ordini, mette subito in libertà i due 
                    innocenti denunziati e telegrafa alla Procura del Re di avere, 
                    di sua iniziativa così provveduto, dopo la scoperta 
                    del parricidio. 
                      
                      Al 
                    dibattimento il difensore volle fare dello scherno su cotesto 
                    provvedimento e qualche testimone di discarico insinuò 
                    che il V. Pretore era stato pagato dai Ghiera. Protestarono 
                    vivamente all'unisono Procuratore Generale e Presidente ed 
                    un verdetto di piena responsabilità chiuse la dolorosa 
                    vicenda. 
                  *   
                      *  
                       *  
                  N. 
                    B. - II ministro guardasigilli Luigi Fera che già stimava 
                    l'Asciutti come libero professionista, per averlo avuto a 
                    fianco e quale avversario in importanti dibattiti penali, 
                    lo propose a cavaliere della Corona d'Italia in considerazione 
                    di particolari benemerenze nel campo giudiziario quale V. 
                    Pretore. 
                   
                    II PROCESSO CIRILLO 
                    PANETTA 
                   
                      
                      Nel 
                    1921 fu denunziata la scomparsa di certo Piscioneri. Costui, 
                    già separato dalla moglie Tassone Cecilia, era stato 
                    per molto tempo in America ed era rimpatriato contraendo relazioni 
                    con certa Vallelonga che abitava nell'impervia contrada Schiavo. 
                      
                      La 
                    madre dello scomparso affermava che il figlio voleva emigrare 
                    nuovamente e che erasi partito da casa con la valigia pronto 
                    a partire perché munito di passaporto. Aggiungeva che 
                    egli doveva avere appuntamento con la Vallelonga che avrebbe 
                    promesso di seguirlo in America. 
                      
                      Dopo 
                    varie ricerche si riuscì a rintracciare la valigia 
                    che il Piscioneri aveva lasciato in deposito presso un minutante 
                    del paese. Nella valigia insieme con varii indumenti fu rinvenuto 
                    un completo armamentario per la cura della blenorragia: pompetta, 
                    siringhe, medicinali da iniezioni endouretrali, ecc. 
                      
                      Asciutti, 
                    avuto il punto di partenza e pensando che fra l'uomo e la 
                    donna ci dovesse essere il terzo interessato, riesce a stabilire 
                    che la Vallelonga se l'intendeva con tal Cirillo Domenico, 
                    pessimo soggetto del luogo e molto vicino a Schiavo e che 
                    un tal Panetta, amico del Cirillo, faceva da ruffiano al Piscioneri 
                    ed alla Vallelonga, sicché fu facile supporre che, 
                    a mezzo del Panetta, era stato dato il famoso appuntamento. 
                      
                      Ordinato 
                    il fermo del Cirillo e della Vallelonga che negano i loro 
                    rapporti, Asciutti li fa sottoporre a visita medica ed accerta 
                    che entrambi erano contaggiati di blenorragia sicché 
                    stabilisce genericamente il legame tra essi ed il Piscioneri, 
                    promovendo le ricerche sul luogo per rinvenire il cadavere 
                    dell'ucciso. Si esaminano tutti i punti dove la terra apparisce 
                    smossa e si cerca di sondare, calando dei Carabinieri nelle 
                    profonde fosse del « Portello di Schiavo » ma 
                    mancano le corde adatte e ci si deve fermare nell'attesa di 
                    averle. 
                      
                      A 
                    questo punto il Giudice Istruttore, cedendo alle insistenze 
                    dell'avv. difensore, richiama a se il processo e il Vice Pretore 
                    è esonerato dalle indagini che sono assunte dal Pretore 
                    titolare sopravvenuto. 
                      
                      Intanto 
                    il Panetta riesce ad emigrare e la Sezione di Accusa proscioglie 
                    i due arrestati per insufficienza di prove. 
                      
                      Dopo 
                    ben 12 anni, venuto in Caulonia al Comando di Stazione, il 
                    Maresciallo Mura, funzionario intelligente ed esperto, ripiglia 
                    le fila già interrotte dall'Asciutti: su quella stregua 
                    fa nuove indagini riuscendo a rinvenire nella famosa forra 
                    dove erano state fatte le prime ricerche, i resti di uno scheletro 
                    col teschio che presentava fra i denti uno rivestito d'oro, 
                    come lo aveva il Piscioneri. 
                      
                      La 
                    Sezione Istruttoria di Catanzaro ed il Sostituto Marasco completano 
                    l'iustruzione e nella requisitoria e nella sentenza di rinvio 
                    rendono omaggio alla perspicacia del primo inquirente Asciutti 
                    osservando che, se gli atti fossero rimasti allo stesso, egli 
                    sarebbe riuscito fin dal primo momento ad assicurare alla 
                    Giustizia i colpevoli. 
                      
                      La 
                    Vallelonga infatti finì per confessare che il Piscioneri, 
                    recatosi a Schiavo per raggiungerla e partire con lei, era 
                    stato ucciso dal suo amante Cirillo con l'aiuto di certi Asteri 
                    e Panetta, e il cadavere era stato gittate nella fessura del 
                    Portello dove furono rinvenute le ossa. 
                      
                      Il 
                    verdetto fu affermativo per tutti. 
                   
                   
                     
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